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Altre forme di linguaggio ereditato

Fare pittura vuol dire aprirsi al dialogo con il mondo di tutti gli uomini e di tutte le cose consentendo all’irreale di emergere.

L’irreale è un fenomeno privo di riferimenti all’esperienza, più o meno contaminato di fantasia e immaginazione, ha come proprietà quella di sfuggire alla concettualizzazione e non va confuso con l’irrazionale che sostiene invece unicamente cose che non stanno né in cielo né in terra.

L’irreale risulta essere l’unico vero antagonista dell’ovvio, del banale e di tutto quello che si manifesta con superficialità.

La missione dell’artista è quella di mostrare ciò che è invisibile, e questo lo fa rendendo visibile l’irreale senza però essere o pretendere di essere profeta, alchimista, sacerdote o demiurgo: l’artista non è dotato di qualità magiche, è piuttosto simile ad un illusionista il cui scopo non è quello di procurare divertimento.

Anche la scienza rende visibile l’invisibile ma è impersonale e “progressiva”, l’arte al contrario vive di tante personalità e non manifesta qualcosa come un progresso, un corso sostanzialmente non univoco e non lineare.

Lo sforzo che faccio per aderire agli eventi del colore è un impegno che non è mai simulazione ma tendenza a sentire l’impulso del dipingere come strumento di esplorazione dell’universo visivo attraverso lo sguardo obliquo della memoria, cioè modellando altre forme di un linguaggio ereditato. La costruzione della realtà, infatti, passa per la memoria e per la sua codificazione che è la scrittura, ancora prima che per il linguaggio.

Nell’attuale contesto di involontaria sottomissione visiva, per cui sempre meno esiste un posto non inondato da immagini che consenta a ciascuno un momento di interiorizzazione, l’indiscreta invasione delle immagini  ci costringe a capovolgere il rapporto figura sfondo.

Le immagini non emergono più dallo sfondo ma sono divenute sfondo esse stesse da cui ciascuno deve ritagliare un brandello di vuoto in cui riflettere per interpretare autonomamente ciò di cui tutti sono inesorabilmente e indistintamente forniti.

La mia pittura vuole deragliare da questo principio di uniformità cercando di ricollocare le immagini nella giusta posizione, facendole quindi matericamente emergere da uno sfondo e sottomettendole alla forza operazionale dell’informe con l’obiettivo di  perseguire lo spiazzamento delle attese.

Essa, presentandosi come sistema complesso entro frontiere sfumate in cui la razionalità totalizzante, pervasiva e monologica si dissolve, è abitata da un senso di sperdutezza, che pretende di sussurrare pensieri con una voce roca, flebile e sommessa.

Un fare che si fa materia impalpabile, che si dilata sulla vita schiudendone le dimensioni più profonde.