Indietro Simona Ristori

Articolo di Magazine CinemAvvenire - 16/11/09 - "L'invenzione dello spazio/La realtà esiste se la si pensa"

 

In mostra a Roma, fino al 20 Novembre 2009, l’arte informale di Gualtiero Redivo: uno spazio per rielaborare la percezione del senso comune, della realtà come sistema dinamico complesso. Nodi e intrecci divengono un distintivo simbolo esistenziale contro l’omologazione, contro la pietrificazione delle disuguaglianze.

 

Gualtiero Redivo, artista rappresentativo e singolare dell’arte informale contemporanea, sceglie di presentare la sua ultima mostra, dal titolo "L’invenzione dello Spazio/La realtà esiste se la si pensa", presso lo Studio di Architettura Spazio 4punto4 di Roma. L’estrema modernità e versatilità dell’ambiente, realizzato attraverso un complesso progetto di ristrutturazione all’interno di un’antica cappella sconsacrata del quartiere Parioli, consente di trasformare facilmente lo spazio-lavoro in galleria d’arte. Fino al 20 Novembre, su appuntamento, sarà possibile sperimentare gratuitamente un originale connubio Ambiente–Design–Arte e ammirare così le opere dell’artista. La loro capacità espressiva viene tra l’altro ulteriormente amplificata dall’essere perfettamente calate in un contesto inconsueto, che vuole essere laboratorio di idee e crocevia di tendenze artistiche, spazio vitale aperto alla città, luogo di incontro e scambio culturale. Il titolo della mostra racchiude emblematicamente il senso della sua arte, la quale diventa spazio per rielaborare la realtà. In particolare, Redivo studia il concetto di spazio visivo, mentale e architettonico attraverso dieci opere polimateriche e due installazioni. Queste ultime puntano a modificare la percezione del sistema spazio-temporale dell’osservatore. La prima, Nodi di una notte di mezza estate, ricorda come la complessità derivi da un sistema dinamico di interazione interno/esterno: così, entrando in uno spazio interno e buio, la percezione dello spazio esterno è ricreata attraverso una volta celeste artificiale, in cui le stelle sono rappresentate da innumerevoli nodi illuminati da luce fluorescente. La seconda installazione, Il futuro non esiste senza memoria, evidenzia invece la contraddizione tra il tempo biologico, rappresentato attraverso la caducità di fiori appassiti, e il tempo circolare e apparentemente eterno della modernità, in cui si annullano passato e futuro. L’artista chiarisce l’inesorabilità del tempo biologico, cercando di ricostruire il ponte spezzato tra passato e futuro e rivalutando il ruolo della Storia come guida dell’umanità verso mete sempre più progredite nel tempo. Intrecci e nodi sono una caratteristica costante della sua arte, una matrice, un modulo ripetitivo per ricostruire visivamente ed esprimere in modo originale e diretto la problematicità contemporanea: un distintivo simbolo esistenziale, nonché un monito contro i fautori del cosiddetto pensiero sbrigativo, capaci di fornire un’immagine banalizzata e accattivante della realtà al solo scopo di ottenere consenso, relegando i destinatari alla mediocrità. L’arte di Gualtiero Redivo è un’arte di denuncia a livello politico-sociale, tra le opere esposte citiamo ad esempio La vita non appartiene né al governo, né alla chiesa, B-trilogia: immunità, denaro, potere mediatico, Mercato=umanità da buttar via, Omaggio alle donne senza ombra. La sua, come egli stesso ci spiega in un’intervista, è un’arte che comunica una sorta di "caos calmo", di "dopo tragedia", in cui è insito un desiderio di ricostruzione; è un’arte contro l’omologazione, contro la pietrificazione delle disuguaglianze. Ogni sua opera esprime la complessità del vivere quotidiano e rimanda alla sua concezione di realtà: "Un organismo complesso, una ragnatela dal comportamento disordinato, irreversibile, non lineare e creativo, una sorta di gomitolo male arrotolato". Egli comunica la sua visione del mondo utilizzando materiali "poveri", riciclati, provenienti dallo scarto della vita quotidiana, e ridando loro nuova forma e colore, nuovo significato. Il "rifiuto" diventa "risorsa" e non "fine", è "promessa di futuro", di ricostruzione. I materiali più eterogenei (stoffe, pelli sintetiche, legni, cartoni pressati, stracci, spaghi, nastro adesivo e altro ancora) vengono assemblati insieme in uno straordinario gioco di colori acrilici chiari, sanguigni, scuri; di vernici trasparenti, di lucidi da scarpe che danno corposità e lucentezza ai suoi quadri. Guardando alla Storia dell’Arte gli chiediamo se ci siano artisti ai quali si è ispirato. Il bagaglio della tradizione costituisce per lui un elemento importante, un’eredità al cui interno si ritrovano, accanto ai più diretti e chiari riferimenti a Burri, Afro e Fontana, anche Giotto, Piero della Francesca, Caravaggio e Bacon, con cui Redivo sottolinea un’affinità in un certo senso emotiva, la quale quindi non rispecchia una tendenza emulativa sul piano formale, quanto più che altro la volontà di recuperare le impressioni che i quadri della tradizione possono trasmettere. In tal senso, ad esempio, l’interesse per Caravaggio si rivela non solo nel gioco sapiente di luci e ombre in cui si ha quasi la sensazione che le figure fuoriescano dalla tela, ma anche nel suo essersi posto nell’immaginario collettivo come personalità estrema, artista "maledetto" capace di esprimere nella pittura il tormento dell’esistenza con grande intensità e genialità inventiva. Lo sguardo rivolto ai grandi artisti che lo hanno preceduto, rende l’arte di Redivo un’arte consapevole e matura, diventa una spinta a creare e interpretare la realtà secondo un proprio personale percorso creativo. Figlio del nostro tempo e delle avanguardie artistiche del Novecento, egli mette in discussione le ordinarie abitudini concettuali e visive. Sulla base di un principio caro all’arte contemporanea, un’opera d’arte non può accontentarsi di essere rappresentazione, deve essere presentazione, sfondando lo spazio bidimensionale della tela per raggiungere lo spazio tridimensionale della realtà. Ed è proprio questo che accade nei quadri di Redivo: la materia manipolata, lavorata, piegata, incollata, pressata, si fa colore, diviene forma, si organizza in composizione, in una mappa di segni attraverso cui l’artista comunica il proprio messaggio, induce alla riflessione. I suoi quadri tridimensionali hanno un forte impatto emotivo, danno la sensazione di una vita che pulsa dietro le pieghe della tela, una vita sacrificata, costretta, strizzata dai lacci dell’esistenza. Le sue opere diventano poesie e giocano con i colori. Le sue creazioni artistiche sono "formule di pensiero" dotate di intrinseca valenza poetica, una valenza che si esprime già a partire dai titoli emblematici delle sue creazioni, i quali, privi di una funzione meramente didascalica del contenuto dell’opera, svincolati quindi da una logica di tipo semplicistico-referenziale, sono anch’essi il risultato della sua creatività, parte dell’opera stessa e un ulteriore input per comprendere la realtà, secondo un processo semantico di interrelazione, che è la chiave di lettura e introiezione della sua arte. L’opera resta quindi aperta, in un continuo processo di interazione comunicativa col fruitore, che Gualtiero Redivo esorta alla personale scoperta di una diversa consapevolezza delle cose.